Helpenor, cum caput suum fregisset de tectu lapsus, cum Odysseo in Tartaro loquitur

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lunedì 7 maggio 2012

De D'Avenia fabularum romanensium scriptore (per l'italiano vedi sotto)

Amici, date mihi veniam quoniam hoc symbolon scribo utroque sermone et praesertim quod hoc scribo mea continens consilia, sed ad hoc me trahunt casus nonnulli. Iam bis idem accidit: aliquis reprehendit me dicentem me non amare libros illius D'Avenia clarissimi scriptoris fabularum romanensium. Sed, quis dixerit, hoc plerumque omnibus accidit, ne Iuppiter quidem, cum pluit, omnibus placet. Licet hoc verum sit, mihi accidit eos qui me reprehenderint, re vera esse homines quos in optimis habeo, quorumque consilium re vera maximi momenti mihi est. Quam ob rem est mihi censendum ne quid sit in meo animo quod in errorem quondam inciderit. Post diuturnam cogitationem duos errores in me maxime pollere animadverti: primus est quaedam violentia verborum, quae me semper coget dicere omnia peiora quam re vera sint. Persaepe nam cum dico aliquid pessimum esse, puto re vera id non optimum, sed inter dua verba multum interest! Hunc errorem puto me duxisse, cum acriora verba quam deberem dicebam in libros magistri D'Avenia. Alter error est, certe, invida. Pulcher est ille, et clarus. Certe clarior quam ego umquam ero, et certe pulchrior. Optimas comas habet et macer est. Sed et hystriones quoque pulchri et clari sunt, cur, amice, quis dixerit, tibi odiosum est ille clarus et pulcher? Maxime quia magister est litteraum Graecarum et Latinarum, ut ego sum, sed consecutus est famam quam ego non potero nisi decies vixerim vitam quam nunc ago. Quamobrem mea verba non plus valent quam alicuius obscuri in clarissimum quendam et doctissimum.
Nunc, si lector hic consistere velit, puto eum optime fecisse, cum omnia clarificata sint. Sin tamen velit pergere legendo, fortasse accipiet aliquid quod in libros, nec in hominem, mihi dicendum sit.
Puro libros illos re vera scriptos esse puerulis undecim usque ad tresdecim annos natis. Quod re vera dignissimum et optimum est, nec re vera quid mali faciunt illi qui hoc faciunt! Et, revera, si filium umquam mihi Deus mittere velit, puto ei libenter me daturum esse unum ex illorum librorum (libentius alterum). Sed accidit me cum adulescentibus loqui, qui sunt quattuordecim, usque ad undeviginti annos nati, quibusque velim commendare aliquid difficilius. Sentio re vera, D'Avenia aliquid facilius scripsisse, nec tantum facilius verbis, sed etiam facilius rebus. Nam omnia mihi videntur apud eum simplicissime bene evadere, et quasi manu invisibili mota ad bonum. Quam manum, re vera Dei manum esse non dubito, non dubito re vera exstare in vita, sed non tam simpliciter, tamque evidenter discerni posse; quam ob rem ad erudiendos seniores pueros credo dandos esse in manus libros quos dicuntur "classicos", et quos non dubito optime ille D'Avenia nosse!
Sic, ut brevis persolvam, non puto illum scriptorem nocere posse, nec vitari debere, sed non illum praebendum esse pueris ut aliquid ubi Veritas ipsa contineatur. Si placuerit, legendum fuerit, nisi, non. Simpliciter. Ut Dumas, utque Stevenson sive alios. Res non agitur de Sophocle, nec de Virgilio Marone, nec de Ipso Evangelio, sed de quodam optimo et doctissimo scriptore nostrorum temporum, quem mihi videtur scripsisse libros iunioribus puerulis quam illis qui mihi dati sunt. Mihi nunc videor fortasse tertium errorem fortasse fecisse, id est librum simpliciorem putare quam sit. Ad quod vitandum mihi erit iterum legendum, sed hoc perficiam proxima aestate, cum vacabit. Gratias vobis ago pro patientia vestra et humanitate, pluribus erroribus lectis.

Amici, scusatemi se scrivo questo articolo in due lingue e soprattutto per il fatto che lo scrivo e ci metto dentro le mie idee, ma a ciò sono tratto da non pochi casi. Mi è già successo due volte la stessa cosa: qualcuno mi ha ripreso perché dicevo che non amavo i libri di quel D'Avenia, famosissimo scrittore di romanzi. Ma, dirà qualcuno, questo spessissimo accade a tutti, e nemmeno Zeus, quando piove, piace a tutti. Ammesso che ciò sia vero, mi è capitato che quelli che mi hanno ripreso siano in verità persone che considero tra le migliori, e la loro opinione la tengo in massimo conto. Perciò devo controllare che nel mio animo non ci sia qualcosa che è stato tratto in errore. Dopo una lunga riflessione ho notato che due errori mi hanno massimamente preso: il primo è una qualche violenza espressiva, che mi spinge spesso a dire tutto peggio di quello che realmente è. Spesso infatti dico che qualcosa è pessimo, mentre in realtà penso che non sia ottimo. C'è una bella differenza! Credo che questo errore mi abbia spinto quando dicevo parole più aspre di quelle che avrei dovuto contro i libri del professor D'Avenia. L'altro mio problema è certamente l'invidia. È bello, e famoso. Certo più famoso di quanto io lo potrò mai essere, e certamente più bello. Ha bei capelli ed è magro. Ma anche alcuni attori sono belli e famosi, perché, amico (potrebbe dire qualcuno) ti è odioso proprio lui bello e famoso? Soprattutto perché è un insegnante delle stesse lettere greche e latine che insegno io, ma ha una fama che io non potrò avere se non vivessi dieci volte la vita che sto vivendo ora. Perciò le mie parole valgono quanto quelle di un ignoto contro uno famosissimo e coltissimo. A questo punto, se il lettore volesse fermarsi, credo che farebbe bene, dato che tutto è chiaro. Se però volesse continuare a leggere, forse troverà qualcosa che debbo dire io ho contro i libri, e non contro l'uomo. Credo che quei libri siano stati scritti per ragazzi di undici-tredici anni. La cosa è davvero degnissima e ottima, e non fanno davvero niente di male quelli che lo fanno! E, a dire il vero, se Dio mi desse un figlio, credo che volentieri gli darei uno dei libri in questione (magari il secondo). Ma capita che io parli con ragazzi che sono tra i quattordici e i diciannove anni d'età, ai quali vorrei consigliare qualcosa di più complesso. Credo veramente che D'Avenia abbia scritto qualcosa di troppo facile, e non solo per il linguaggio, ma anche per i contenuti. Infatti mi pare che tutto nei suoi libri si risolva semplicemente e quasi mosso da una mano invisibile. Non dubito che quella mano (e credo sia da intendersi la mano di Dio) esista davvero nella vita, ma non possa essere individuata così semplicemente, così evidentemente; perciò per educare i ragazzi più grandi credo che si debbano dar loro in mano libri che si dicono "classici"; che non dubito D'Avenia conosca benissimo! Così, per farla breve, non credo che sia uno scrittore nocivo, né che vada evitato, ma non lo darei da leggere a ragazzi come qualcosa che contiene la Verità. Se è piaciuto, era da leggere, sennò no. Come Dumas, come Stevenson, e altri. Non si sta discutendo di Sofocle, di Virgilio, dello stesso Vangelo, ma di un ottimo e coltissimo scrittore dei nostri tempi, che mi sembra abbia scritto libri adatti a ragazzi più giovani di quelli che mi sono stati affidati. Ora mi accorgo di aver fatto forse un terzo errore, ovvero considerare il libro più semplice di quello che in realtà è. Per evitare questo errore dovrò leggerlo di nuovo, ma questo lo potrò fare solo l'estate prossima, quando ne avrò tempo. Vi ringrazio per la pazienza e la gentilezza, dopo aver letto così tanti errori.

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